I bocciati sul lodo. Dalla parte della Costituzione

11 10 2009
articolo 3 Costituzione italiana

articolo 3 Costituzione italiana

Anche il secondo tentativo di sospendere i processi che lo riguardano non è andato a buon fine per il premier-imputato Silvio Berlusconi. Il c.d. “lodo Alfano”, ennesima legge di fatto ad personam e scudo immunitario riedizione del già respinto “lodo Schifani”, è stato a sua volta giudicato illegittimo con sentenza (7 ottobre 2009) della Corte costituzionale per “violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione“.

 

Una sentenza ovvia, che tiene conto di un principio fondamentale (pur)troppo trascurato dalla stampa e dai commenti politici di questi giorni: “tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge”. Talmente chiaro dal punto di vista giuridico e per il senso comune che ci si dovrebbe rammaricare della necessità di un pronunciamento in merito da parte del massimo organo di garanzia costituzionale, la Corte Costituzionale; ma in Italia persino i princìpi fondanti dello Stato di diritto, della democrazia e della sua Carta fondamentale sono sotto attacco e necessitano di essere ribaditi e oltremodo difesi. Addirittura considerati come una nuova e straordinaria conquista, per alcuni esponenti politici negli attimi immediatamente successivi alle sentenza. Prendiamo invece questo esito avverso alla legge “in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato” come un’iniezione di fiducia per l’opinione pubblica nella persistenza di almeno un organo che si fa garante della Costituzione e riassumiamo alcuni punti su tutti i protagonisti bocciati sul lodo e dalla Costituzione e sulle distorsioni comunque negative dei giorni scorsi.
Perché si avverte il bisogno (e la libertà) di dire, di scrivere fatti e riferimenti che potrebbero, anzi dovrebbero essere noti e diffusi ma che, considerando ad esempio che l’art. 3 della Costituzione quasi ovunque viene menzionato poco o punto, non appaiono sempre tali.

 

L’informazione parziale dei Tg

Prendiamo ad esempio il Tg2 RAI, oggetto di analisi ideale per constatare come venga costruito quotidianamente un telegiornale del ‘servizio pubblico’ in favore di una precisa parte politica, attualmente quella che è espressione del Governo. E che vorrebbe anche scegliere l’opposizione amica; quasi ogni sera il Tg2 trasmette un commento del ‘dalemiano’ appassionato di tessere e bocciofila Bersani, uno dei candidati alla segreteria del Pd e più raramente degli altri due, Franceschini e ancor meno Ignazio Marino. Il 5 ottobre, giorno precedente la prima seduta della Consulta, viene trasmessa solo un’intervista ad un presidente costituzionale emerito che espone opinioni favorevoli verso il lodo; nessun intervistato con un’opinione diversa e possibilmente opposta. Nel dopo sentenza, lo stesso Tg così come la maggior parte degli altri sottolinea una sola motivazione della sentenza stessa, quella di inidoneità di una legge ordinaria per il lodo, a fronte di una legge che avrebbe ‘dovuto’ essere (di modifica) costituzionale. La violazione del principio enunciato nell’art. 3 Cost., sull’eguaglianza dei cittadini, viene sminuita con un secondario “anche” al fine di diffondere l’idea, anche in prospettiva futura, che non sia poi così importante.  

E’ bene allora sottolineare che l’incostituzionalità è ed era già di per sé evidente anche solo in base all’articolo 3 Cost. e che il comunicato della Consulta (le motivazioni complete non ancora note), su cui si basano le conclusioni di buona parte della stampa e della politica, riporta le due violazioni senza stabilire una primazia.


Gli avvocati di Berlusconi

E’ da notare che alla seduta della Corte non viene ammessa la Procura di Milano; vi sono i tre avvocati personali del premier: Niccolò Ghedini, Piero Longo e Gaetano Pecorella, a cui si aggiunge l’Avvocatura dello Stato anch’essa per parte del premier e rappresentata da Glauco Nori (l’Avvocatura dello Stato è incardinata nella Presidenza del Consiglio e a difesa del premier; giornalisti e osservatori stranieri avranno avuto qualche difficoltà a capire o, meglio, ad accettare l’idea); questa nei giorni scorsi aveva travalicato i suoi compiti istituzionali disegnando conseguenze politiche per un’eventuale bocciatura del lodo. Le arringhe in aula arrivano ad espressioni indicibili (ma dette): per Ghedini “la legge è uguale per tutti ma non necessariamente lo è la sua applicazione”. Vi sono anche considerazioni, degli avvocati, di natura politica e politologica e non di tecnica giuridica; secondo Pecorella, “la nuova legge elettorale ha sostanzialmente modificato l’identità costituzionale del premier – quindi ora il premier non è più solo un
primus inter pares, (equivalente ai ministri) ma è indicato e votato come capo della coalizione presentata agli elettori. Quindi ora c’è una investitura diretta dalla sovranità popolare, che segna un distacco dalle tradizioni degli Stati liberali”. Nella tesi dell’Avvocato Pecorella scorgiamo un’amara deduzione; nel nostro Paese vige oramai una ‘democrazia’ illiberale. Diverse affermazioni, a parere dannose e diseducative, con il rischio di solleticare una rivalsa di tanti studenti nei confronti di testi e docenti di diritto. E’ bene ricordare che il Presidente del Consiglio è eletto dal Parlamento e non, come hanno cercato di spacciare Pecorella e Berlusconi, direttamente dal popolo degli elettori. Ad un esame di diritto costituzionale, o pubblico, sarebbe da bocciare.

 

Berlusconi irritato

Appresa la sentenza, dice che “la Consulta è di sinistra” (ha dimenticato “comunista”), un po’ di magistrati sono rossi, la stampa in alta percentuale di sinistra, tutti gli spettacoli di approfondimento televisivo gli sono contro, i comici lo prendono in giro; escludendo il Partito Democratico che non ha nominato tra le parti avverse (se ne possono trarne interrogativi) ma aggiungendo il complotto anti-italiano e internazionale e l’essere il più perseguitato della storia si arriva alla conclusione che buona parte del mondo che lo circonda, ma soprattutto dell’Italia ‘che si vede’ sia di sinistra. Con tanta sinistra nel Paese, con i tanti comunisti che in realtà sono ‘quattro gatti’, i gattocomunisti, non spiega come lui e il suo governo abbiano tanto (presunto) consenso. Non dice mai quali sono i suoi elettori dichiarati, quale sarebbe il suo ‘popolo’. Che infatti non scenderà in piazza neanche stavolta. Forse si tratta dei Galli di Bossi, i cui annunci e vilipendi dovrebbero essere quantomeno redarguiti dal Capo dello Stato, in genere impegnato in moniti in-diretti a Di Pietro.

Nell’intervento alla terza ‘camera’ Porta a Porta, inelegante e gratuitamente offensivo verso Rosy Bindi, Berlusconi afferma: “Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte”. E dice di essersi sentito preso in giro. Da Napolitano.
Certo, quella frase fa sorgere interrogativi; potrebbe essere una strategia tesa a provocare attriti istituzionali e mettere in crisi la serenità del Presidente della Repubblica e/o forse nasce semplicemente dall’irritazione verso la Corte che ha fatto il proprio dovere, per giunta ‘bocciando’ la frettolosa firma di Napolitano.

Si spera che stampa e politica non cadano nella trappola di riprendere le discussioni su poteri maggiori o minori per le figure del Premier e del Capo dello Stato poiché premierato forte e/o presidenzialismo sono tra i temi usati periodicamente da Berlusconi per distrarre dai veri problemi suoi e del Paese. C’è già da rassicurare gli studenti sui poteri dello Stato e su chi elegge il Presidente del Consiglio.

Ad ogni modo, l’accusa da parte del Pdl di una sentenza politica, che è invece limpida dal punto di vista tecnico-giuridico e, contrariamente alle note emesse da Palazzo Chigi (Berlusconi) e, peggio ancora per la sua figura, dal Quirinale (Napolitano), seguite da molti articoli di stampa e commenti politici, è perfettamente coerente con l'analoga del 2004; denota però l’esatto sogno contrario: è il premier che vorrebbe sentenze politiche. Infatti il Parlamento con Governo di centro-destra ha nominato tre degli attuali giudici della Consulta, di cui due sono stati a cena privata con Berlusconi che in più occasioni ha manifestato il ‘piano’ di una maggiore possibilità di nomina politica per tutti gli organi giudicanti e costituzionali, con il conseguente pericolo di assoggettamento della giustizia al potere politico.

La nota di Palazzo Chigi a commento della sentenza della Corte Costituzionale riporta (neretto dello scrivente): “Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo”.


Il Presidente Napolitano

Non è bene che nel primo vaglio di costituzionalità delle leggi (è sua prerogativa e compito) non abbia usato la possibilità di rinviare la legge; risulta difficile credere che non avesse ravvisato dubbi di legittimità costituzionale a partire dall’art. 3 Cost. e la nota del Quirinale successiva alla sentenza è poco convincente

Il suo firmare tutto e subito anche altri provvedimenti che per molti appaiono immorali e di dubbia costituzionalità, come quelli sulle intercettazioni e sullo scudo fiscale, nutre qualcosa in più di un’ipotesi di priorità per il suo mandato: cercare di favorire un clima di serenità tra organi istituzionali, Governo e parti politiche. Che poi, qualora veritiero, sarebbe un proposito in buona fede ma di speranza vana e controproducente perché l’arrendevolezza nei confronti delle leggi del Governo Berlusconi IV, una sorta di rassegnazione che si evince nelle spiegazioni che adduce a chi gli chiede delle sue firme, (caso scudo fiscale, che con una richiesta di nuova deliberazione, art.74 Cost., sarebbe potuto andare diversamente, se nel Pd si fossero impegnati in aula anziché solo nei circoli) sono condotte che vanno a scapito della credibilità del ruolo a garanzia della Costituzione, poco in linea con le prerogative e il prestigio della figura del Capo dello Stato, riducendola a ‘notaio’ del Governo legislatore.

Indicativa è, ancora, la nota con cui il Quirinale è sembrato rispondere a Berlusconi, in chiave di autodifesa preventiva anche nei confronti dell’opinione pubblica che con una manifestazione in Piazza Navona l’11 ottobre del 2008 aveva avviato la raccolta di firme per un referendum su lodo Alfano.

Il Quirinale ha ricordato che, al momento della promulgazione della legge in questione, come si evince dalla nota diramata dal Quirinale il 23 luglio 2008, si era rilevato che la sentenza della Corte Costituzionale n.24 del 2004 aveva bocciato il cosiddetto Lodo Schifani ma non aveva sancito che la norma dovesse essere adottata con legge costituzionale. (art. 138) Anche Napolitano, che così giustifica (“sto dalla parte della Costituzione”) la sua promulgazione, oscura le altre ragioni della Corte tra cui l’eguaglianza di tutti i cittadini, presente in diversi punti della sentenza a cui si fa riferimento.

Quella sentenza del 2004 non menzionò l’art. 138 sulla legge costituzionale ma riportò l’illegittimità in riferimento agli articoli 3 e 24 aggiungendo che ogni altro profilo di incostituzionalità veniva assorbito dai due citati. Vuol dire che potevano essercene degli altri, in cui quella Corte non entrò nel merito poiché i due articoli violati erano sufficienti a respingere il Lodo. Napolitano omette tutto questo e non ne esce affatto bene.


Le opposizioni dopo la sentenza

L’Idv, Sinistra e Libertà, Rifondazione Comunista e Pdci hanno chiesto le dimissioni del premier imputato. Per l’Udc la sentenza “non è il giudizio universale” (Casini, 7 ottobre 2009) (forse loro aspettano questo) mentre esponenti del Pd si sono affrettati a chiarire: “Berlusconi resti al suo posto perché le dimissioni di un capo di governo arrivano sulla scorta di fatti politici” (D’Alema, 7 ottobre 2009). Precisazioni che, insieme ad altre, possono fare invidia a Bonaiuti e a un Capezzone. Ma D’Alema, si sa (?) non si smentisce e pochi giorni dopo ha detto che Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi. Le primarie del Pd sono vicine e D’Alema, esteso nel candidato Bersani, avrà pensato di dare un pizzico di antiberlusconismo utile allo scopo. Loro aspettano e sperano di battere Berlusconi sul piano politico-elettorale ma, considerando che il Partito Democratico ha vocazione a perdere e stante la situazione attuale, a destra resta il miglior premier della storia e a ‘sinistra’ (?!) il Presidente della Repubblica.


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4 responses

20 10 2009
angelo2009

Sai qual’è la cosa più triste in tutto questo ?
Se Berlusconi dovesse decidere di ritirarsi a vita privata, le nostre opposizioni, al di là delle solite chiacchiere, non avrebbero più niente di serio da dire o da proporre.

20 10 2009
Fab (Blogue Pol)

Di prima lettura sono d’accordo; però, ciò che considero primo obiettivo per la situazione attuale è il superare questo periodo di alterazione della democrazia.

Da 15 anni abbiamo Berlusconi e il berlusconismo come dominus e non semplicemente politico; le varie forze si sono bene o male adeguate a tale ottica, in posizione favorevole o contraria.
Le proposte politiche altre, parti di un progetto complessivo e concreto da proporre al Paese, sembra non abbiano ‘vita’ propria e penso che a questo, con amarezza, ti riferisca.

Che Berlusconi si ritiri a vita privata è poco plausibile, è chiaro come l’ipotesi serva solo a porre la questione; il problema è che, finché c’è e per quel che fa, tutti gli oppositori dovrebbero trovare il modo, legittimo, per spodestarlo e mettere alle spalle questa lunga emergenza che più dura, più è pericolosa.

Dunque il cosiddetto antiberlusconismo o qualcosa di simile, pur con delle storture che possibilmente non eliminino dei buoni e diversi contenuti propositivi, è a mio parere un atteggiamento ineludibile e necessario, anche per queste opposizioni.

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