Princìpi e Istituzioni di politica bipartisan, con un po’ di razzismo

20 05 2008

 

Tre sono i punti focali attorno ai quali si sta sviluppando il dibattito politico e il conseguente flusso informativo degli ultimi giorni; l’uno legato ai prevedibili orientamenti parlamentari della nuova legislatura, a questi si associano altrettanto designati scenari pessimistici sul panorama dell’informazione pubblica, il tutto condito da un crescente clima d’intolleranza proveniente dalla cronaca. Tre questioni che dovrebbero riportare alla mente alcuni temi dell’ultima campagna elettorale che hanno infine contribuito al conseguente esito.

Tanta legna al fuoco da ascrivere al vento politico e all’informazione parziale ad esso legata. Tanto fuoco in Campania, tra rifiuti rovesciati in strada e dati alle fiamme da certi pezzi di popolazione e molotov incendiarie di gentes che, armata da chi sa chi, avrebbe voluto fare carne alla brace dei Rom nel quartiere napoletano di Ponticelli. Un’ondata xenofoba e razzista che dal territorio napoletano sembra montare mediaticamente al punto tale da farla assurgere a “emergenza-nomadi” nazionale e problema principale del Paese. Ma di quale emergenza si parla? Si dovrebbe parlare di emergenza quando fenomeni contingenti si susseguono fino a manifestazioni di diffusione a macchia; un tentativo circoscritto di sequestro di minore non può essere elevato a fenomeno esteso tale da dichiarare un’emergenza. E’ questo uno degli esempi di manipolazione dell’informazione come prodotto di una pessima politica che detta la propria agenda, in parte ancora elettorale, ai media. Un’informazione che, eludendo criteri di notiziabilità giornalistica, quasi non considera che in questi stessi giorni una giovane rumena sia stata violentata a Roma da un italiano. E che neppure precisa che i Rom, il nuovo nemico dell’abominevole via italiana alla legalità, non sono da identificare tout court come rumeni. (Che sono degli immigrati provenienti dallo stato comunitario della Romania)

Nell’innegabile successo della Lega all’ultima tornata elettorale, appare ineludibile il manifestarsi concreto di un sentimento generalizzato di caccia all’immigrato ma, forse, non ci si aspettava, per di più nel periodo post-elettorale, che la “caccia allo straniero” sarebbe stata terreno di propaganda anche per un partito dell’opposizione, di cui i manifesti anti-Rom di una sezione di quartiere del Partito Democratico di Napoli hanno dato prova. Gioco forza l’effetto prende vigore dalle parole di Filippo Penati, esponente del Partito Democratico e presidente della Provincia di Milano, che non appena saputo che il commissario straordinario per l’emergenza-Rom, Gian Valerio Lombardi, avrebbe distribuito i Rom in tanti piccoli campi nell’hinterland ha sbottato: «Così partiamo con il piede sbagliato. Si deve prevedere l’espulsione dei cittadini comunitari indesiderati. Gli elenchi sono già pronti o manca pochissimo. Facciamo pulizia dei delinquenti, questo deve essere il primo impegno del commissario». Diventa più difficile credere che il manifesto piddino resti un pensiero isolato all’interno del partito dopo che anche un manifesto verbale, da Napoli a Milano, reclama l’espulsione perfino di cittadini comunitari, in senso contrario alle norme di libera circolazione dell’Ue e del Trattato di Schengen, ribadite nella loro pienezza dalla Commissione europea. In considerazione della volontà sempre più evidente di negare ruolo e normative dell’Ue, è da accogliere positivamente la proposta formulata dal Pse e appoggiata dai Verdi europei di un dibattito al Parlamento europeo sulle misure europee e sopratutto italiane anti-Rom.

Aggiornamento: resoconto del dibattito tenutosi al Parlamento europeo sulla situazione dei Rom in Italia e in Europa.

Misure e discussioni che continuano a riscuotere critiche dalla stampa internazionale e dal Governo spagnolo. “Il governo spagnolo, ha sottolineato il numero due dell’esecutivo, Maria Teresa Fernandez de la Vega, le cui frasi sono riportate da El Mundo on line, respinge la violenza, il razzismo e la xenofobia e, pertanto, non può condividere ciò che sta succedendo in Italia”. Il Ministro degli Esteri italiano Frattini, nell’intento di non attirare scontri tra diplomazie e ulteriori critiche, ha parlato di un chiarimento aggiungendo che le dichiarazioni del vice-premier spagnolo “non hanno mai voluto riferirsi direttamente alle misure del governo italiano in materia di regolamentazione dell’immigrazione clandestina e non volevano esprimere nessun elemento critico rispetto al pacchetto-sicurezza che il governo si appresta a varare”. Ma l’articolo di stampa, nella versione originale o nella sua traduzione, risulta più credibile e che l’esponente del Governo spagnolo si fosse espressa propriamente sull’Italia lo si poteva intendere del tentativo di correzione dell’informazione attuato anche dalla Farnesina. Ad ulteriore conferma, le frasi pronunciate da un altro Ministro spagnolo, Celestino Corbacho, Ministro del Lavoro e dell’Immigrazione: “Le politiche sull’immigrazione del governo italiano pongono l’accento piu’ sulla discriminazione del diverso che sulla gestione del fenomeno. Il governo italiano, dice Corbacho, vuole criminalizzare il diverso mentre io mi assumo la responsabilità di governare il fenomeno”. Ricordiamo che era stato in un primo tempo Berlusconi, durante la campagna elettorale, ad esprimersi negativamente sulla composizione a suo parere troppo rosa del Governo spagnolo, suscitando critiche già da parte del Ministro dell’Uguagliana, Bibiana Aido, che si era detta disposta a pagare uno psichiatra per il premier italiano, forse ascoltando Grillo e il suo “psiconano”.

Cercando di delineare un quadro di riferimento, le questioni di questi giorni sembrano essere in parte riconducibili ai comuni denominatori espressi dal titolo, ossia ai princìpi che stanno ispirando le rinnovate istituzioni. Da una parte, princìpi d’istituzione di un clima nuovo, di buonismo tra il Governo, presieduto da Berlusconi e parte dell’opposizione, guidata dal segretario del Pd, Veltroni e da un’altra, princìpi di un malcelato razzismo e d’intolleranza. Princìpi, inizi, quantomeno avvisaglie di dispiegamento di proposte elettorali e di quella forma di dialogo, ancora plausibilmente veritiera, altrimenti nota come veltrusconismo. Una forma d’intesa bipartisan, più o meno tacita, che avrebbe il fine, in nome di una presunta maggior governabilità, di ridurre lo spazio mediatico e politico del diritto/dovere di critica, molteplice e democratica, riconducendolo nell’alveo delle possibilità ristrette e scelte dal bipartitismo. Lo stesso primo pranzo di lavoro di Berlusconi e Veltroni, a cui faranno seguito incontri ordinari dello stesso tipo, va in questa direzione. Ad esempio, sul tavolo v’è già la proposta poco nota nel dibattito pubblico più provincialistico d’innalzare la soglia di sbarramento per le elezioni europee del 2009 al 5%, al fine di poter restringere la possibile rappresentanza di alcune forze attualmente presenti al Parlamento europeo.

L’opposizione piddina, non dunque l’opposizione parlamentare tutta, continua ad offrire il fianco per essere ascritta dagli osservatori ad una cosiddetta “opposizione di Governo” e nella richiesta di riconoscimento di un’etichetta di opposizione perfino istituzionale, con l’azione di componenti importanti dell’informazione partecipa, più o meno consapevolmente, al sostenimento di un potere di dittatura dolce. Ne sono contributi in favore le polemiche che vedono coinvolti il programma “Anno Zero” di Santoro (questione V2-Day di Grillo) e il giornalista Marco Travaglio, (questione della sua intervista a “Che tempo che fa”) su cui la Rai, il Corsera e Repubblica con il suo vicedirettore Giuseppe D’Avanzo, protagonista di un articolato botta e risposta con il collega Travaglio sullo stesso quotidiano, hanno aperto una sorta di fuoco comune, supportato dal fronte politico che fa riferimento al Presidente del Senato Schifani e dal sorprendente apporto, anche su questi temi, del Partito Democratico in alcuni autorevoli esponenti come Luciano Violante, che forse non bene informato, ha liquidato i fatti raccontati da Travaglio, già pubblicati e noti su libri di Travaglio stesso e di colleghi, come “pettegolezzo” e di Anna Finocchiaro, che non ha difeso in questa occasione l’autonomia della Rai dai partiti, promuovendo il concetto nuovo di contraddittorio per un’ intervista televisiva. Vedremo se il clima bipartisan cambierà sul rinnovo del Cda della Rai.

Qualcuno potrebbe adottare una chiave di lettura in contrapposizione, giustificando tali sviluppi come semplificazioni necessarie del panorama politico ma per altri, non pochi che hanno ancora a cuore le basi della democrazia e di un’informazione libera, come spiegato da Furio Colombo nel suo articolo “Il Silenzio dell’opposizione” e da Dario Fo in un suo post, si teme una deriva fatta di disegni semplicistici atti a veicolare, nell’opera di addormentamento delle coscienze, un messaggio di “realtà mascherata” che copra la verità fattuale. Lo stesso Governo ombra, il prodotto nuovo nato dalla politica del Partito Democratico, indossa attualmente una maschera di contrappeso non avverso alla nuova maschera istituzionale berlusconiana. Non esistono solo due forze né due soli gruppi parlamentari nell’emiciclo e se il Pd fosse uscito vincitore dalle elezioni, avrebbe governato con il gruppo dell’Italia dei Valori, eventualmente anche se non probabilmente con i due gruppi parlamentari separati come adesso all’opposizione. Sarebbe allora più preciso indicare il Partito Democratico come “Partito ombra”, poiché un Governo di un solo partito non v’è ancora. Un partito ancora liquido che nella sua difficoltà identitaria e di radicamento territoriale, si sta muovendo nell’ombra di Berlusconi, il cui scopo personale consiste proprio nel custodirlo sotto la propria ombra, per la continuazione di sé, il cui manifestarsi consisterà nell’eventuale passaggio della poltrona di Governo e nell’elevarsi a quella della Presidenza della Repubblica.

Qualcuno cerca d’interrompere i minuetti idilliaci e far sopravvivere la voce della propria e di altrui coscienze rappresentate ma viene contestato, interrotto e all’obiezione riceve risposta: “è naturale che possano esserci delle interruzioni: dipende da ciò che si dice”. Aveva ragione il Presidente della Camerata al suo primo giorno, come ha detto Antonio Di Pietro, dipende da ciò che si dice e “non bisogna disturbare il manovratore”. Ma, con tali posizioni, si dovrà pur continuare a credere in qualcosa che si è studiato sui libri: in Parlamento, oltre al Governo, dovrebbe esistere anche una vera, pura opposizione. Senz’essere un’ombra, perché nella sua essenza fisica e critica, oltre che di coscienza, voglia essere segnale di vita di una piena democrazia.

 

gaffe Fini con Di Pietro (beppegrillo.it)


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2 responses

21 05 2008
salpetti

Complimenti per l’ottima e attenta analisi critica!

In Italia pare che la distensione e la democrazia fondata sul dialogo tra tutti non possa realizzarsi: prima Guelfi e Ghibellini, poi Don Camillo e Peppone, adesso che le opposizioni non si “oppongono” poi così tanto, il nemico va cercato all’esterno (leggi razzismo).
Un caro saluto!!!

22 05 2008
Fab-Blogue Pol

Siamo passati da una politica di demonizzazione del nemico a quella di una corrispondenza gentleman, per alcuni, con il principale esponente dell’altro schieramento. Mi sembra un passaggio un po’ brusco. E’ bene che si sviluppi un dialogo in modo civile ma anche che si portino avanti apertamente le proprie posizioni, se diverse da quelle altrui. E, in effetti, evitando di creare un nemico esterno comune.

Grazie e un saluto anche a te!

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