Voto utile, inutile o non voto. Illusioni dell’elettore

22 02 2013
Tanto va lo schiavo alle urne che si sente cittadino

“Tanto va lo schiavo alle urne che si sente cittadino” (immagine da: “operettemurali.wordpress.com”


A poche ore dall’apertura dei seggi ma ancora in tempo di campagna elettorale, mai come stavolta è forte la tentazione del “non voto”, espresso nel seggio o attraverso l’astensione.

In tanti ci eravamo quasi ripromessi, dopo quella volta nel 2008, che non sarebbe stato accettabile l’andare a votare nuovamente con il cosiddetto “Porcellum”, la legge elettorale “porcata” che tuttora non ci permette di scegliere davvero la persona, il/la candidato/a che vogliamo ci rappresenti. Ed eccoci alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013, intenti a valutare su quale/i simboletto/i (due schede) mettere la nostra crocettina, un voting system for dummies, un metodo di svilimento dell’espressione di voto (e del votante).

Ultime ore di propaganda, si diceva. Di una campagna elettorale a tratti oscena, con le consuete violazioni delle regole televisive sulla par condicio, con immancabili manifesti abusivi e che ha trovato il suo culmine nella per nulla nuova proposta/promessa di Berlusconi sulla restituzione dell’IMU (del 2012, sulla prima casa), comunicata tramite missiva su cui le Procure indagano per eventuali configurazioni di reato di “voto di scambio”.
C’è stata una predominanza del tema dell’IMU ma, pur se a tanti piacerebbe l’eliminazione di questa tassa sulla prima casa (così come proposto anche da altri), bisognerebbe intuire se una sua cancellazione comporterebbe un aumento della stessa sulle seconde case; con la conseguenza ulteriore che per quelle date in affitto, il maggior onere potrebbe finire per l’essere scaricato verosimilmente sui giovani, sui precari che non hanno possibilità attualmente di poter accedere ad un mutuo e acquistare una propria casa. Ma a chi frega dei giovani? Nei loro confronti, per combattere la disoccupazione e la sottoccupazione giovanile di cui poco si è parlato, tutto sarebbe risolto dal pagamento o meno dell’IMU?!

Promessopoli, dunque, in questo periodo è stata affollata come al solito; ma ciò che conta, anche e soprattutto in politica, non sono i programmi copia e incolla né le promesse ma i fatti, la credibilità e la coerenza nel tempo.
Non sono credibili e risultano perfino inefficaci anche certe strategie d’immagine; pensiamo a quella che in pochi giorni ha visto un leader dopo l’altro tenere in braccio dei cagnolini. Il cane “Trozzi” (o “Empy”) in braccio a Monti (malconsigliato dal consulente americano di Obama, David Axelrod), la cagnetta per Berlusconi, se solo avessero potuto esprimersi questi inconsapevoli, sfruttati animali!

E poi, gli insopportabili e ossessionanti appelli al “voto utile”, che non esiste. Il voto o è libero e sempre utile o non è. La governabilità è un falso problema. Qualcuno ha realmente governato come si dovrebbe, rispettando il ruolo del Parlamento, negli ultimi venti anni d’italietta? Se perfino quando c’era un’ampia maggioranza (Pdl e Lega) si è spesso andati avanti a colpi di decreti-legge e di “voti di fiducia”. Quella non era e non è governabilità ma dittatura della maggioranza, un obbrobrio che ha di fatto esautorato il Parlamento, compromettendo il nostro reale livello di democrazia.

Diciamola tutta, la prassi mostra, almeno in tempi recenti, come il voto del corpo elettorale sia più spesso inutile e poco rispettato. E potrebbe rivelarsi inutile anche per un esito che se ne prevede. Dopo le elezioni decidono loro, i nominati, per cui ognuno potrà stare con chiunque, anche con quella forza politica o capo che secondo logica e coerenza dovrebbe essere il principale avversario (ne abbiamo avuto esempio con le forze che hanno sostenuto il governo Monti uscente, Pd e Pdl). E il disonorevole parlamentare, che non abbiamo scelto, può cambiare la casacca di temporanea appartenenza nel corso della ‘partita’, trasferendosi in un’altra squadra e addirittura in un altro schieramento; permanendo come assoluto il divieto di “vincolo di mandato” (mandato imperativo), per il parlamentare non esiste vincolo alcuno di fedeltà e di rispetto ex post nei confronti dell’elettore-votante. La nostra Costituzione è bella (e andrebbe applicata) ma qualche punto avrebbe bisogno di modifiche, come per l’art. 67, contestualmente alla riforma che, oltre ad un ritorno ad un sistema più correttamente proporzionale, reintroduca le preferenze. Quella riforma della legge elettorale che pressoché tutti i partiti in Parlamento non hanno voluto fare perché, secondo i loro calcoli, non conveniva loro. L’efficacia giuridica e il conseguente vincolo politico attuale che scaturiscono dal voto sono molto deboli e non ha molto senso tracciare una croce e sentire così di aver fatto il proprio “dovere”, anche se si è convinti della bontà della propria scelta.

Si è parlato di dovere. Già, votare è un “dovere civico”. E il dovere morale verso la propria coscienza? Il semplice atto di presentare la propria identità in un seggio dovrebbe porre un dubbio di coscienza (che non dovrebbe esaurirsi nel momento dell’espressione del voto), dovuta al (non) doversi sentire poi responsabili correi di aver “nominato” un altro Parlamento con delega quasi in bianco, anche con e nel nostro nome e forse con il naso turato e le fette di prosciutto sugli occhi (c’è chi mette la mortadella nella scheda ma quella è una pratica che qui non si sostiene). Ed è chiaro, una volta eletto, la tenuta di un governo è sempre a rischio fino alla crisi, al governo tecnico, alle elezioni anticipate e daccapo.

E i rimborsi elettorali si cumulano. Rimborsi di denaro che non sono altro che il finanziamento pubblico ai partiti, abolito tramite referendum e reintrodotto sotto altro nome (ecco un fulgido esempio dell’inutilità, del mancato rispetto del nostro voto). Però, c’è il MoVimento Cinque Stelle che li rifiuterà come ha già fatto in precedenti occasioni. Questo è un fatto, vero. Non li intascano, affinché possano essere utilizzati magari e per esempio per aiutare le piccole e medie imprese in difficoltà, e/o per mettere in sicurezza le scuole pubbliche fatiscenti, e/o perché permettano di erogare un “reddito di cittadinanza”; quest’ultima, una misura di sostegno economico – quali che ne siano le denominazioni e le differenze – che c’è in forme diverse in tutti gli altri paesi europei (tranne appunto da noi e in Grecia). Sembra che su questo tema, tra i punti del programma, abbia insistito più di recente Grillo; altri, associazioni, Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) e vari Comunisti, hanno anche raccolto le firme d’iniziativa popolare per un reddito minimo garantito“.
Ora, si potrebbe dire che qualche motivo per votare e qualche elemento per poter scegliere c’è (quelli fatti sono semplici esempi, ognuno se vuole ne cerca di propri), insieme ad altri che inevitabilmente non convincono e che possono indurre al contrario, a lasciar stare per questa volta. Riguardo al M5S, un punto interrogativo è l’inesperienza, che se da un lato è indice di ‘pulizia’ politica, a noi più esperti fa pensare che in Parlamento questi avranno bisogno, oltre che a strategie di rete, di tanto supporto tecnico-giuridico, politico, di comunicazione, ecc. alla stregua di bambini all’asilo; allorché il Parlamento e la politica italiana, specie in questo momento, dovrebbero richiedere un approccio adatto da subito e anche per questo ben difficile.

La questione volutamente resta aperta, con nessuna dichiarazione finale di voto o non voto da parte di chi scrive. Sarebbe comunque superficiale assegnare l’astensione a elettori indecisi o apatici, anzi. Il non voto/astensione di chi non si sente rappresentato è espressione implicita di delegittimazione dell’attuale sistema (elettorale e non solo), un segnale della necessità di rafforzare e dare applicazione a forme e strumenti di democrazia diretta – che pur esistono e rifacendosi ad una sovranità popolare in riferimento a J.J. Rousseau – che diano peso maggiore all’elettore e peso minore alla rappresentanza generica; oppure, c’è tempo per le urne di voto fino a lunedì h. 15.


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