G8 Genova 2001 – condannato il Ministero

17 05 2007

Genova 2001 (repubblica.it) 

L’articolo seguente, a firma del giornalista Massimo Calandri e pubblicato il 29.04.07 “solo” sull’edizione genovese del quotidiano La Repubblica è passato quasi inosservato agli occhi dell’opinione pubblica nazionale; grazie al senso del dovere d’informazione di qualche giornalista ed alla buona volontà di qualche blogger forse lo si potrà far conoscere ad un pubblico più ampio di quello dei lettori della cronaca locale di Genova. I più importanti media hanno taciuto, malgrado si tratti di una notizia interessante e di livello nazionale data la gravità dei fatti. L’Italia ha una classificazione internazionale di “paese ad informazione parzialmente libera”, dove la censura a scopo di comodità politica non manca.

La prima condanna nei confronti del Ministero dell’Interno per le illecite e gratuite violenze dei suoi poliziotti è arrivata nei giorni scorsi, e cioè circa sei anni dopo la vergogna del G8 genovese. Ma le parole con cui il giudice istruttore Angela Latella ha motivato la sua decisione rinfrescano la memoria. Ricordando a tutti che quelle cariche sanguinarie, quelle teste rotte a manganellate, quei lacrimogeni sparati contro le persone inermi, non erano frutto dell’iniziativa isolata o dell’autonomo eccesso di qualche agente. Facevano invece parte di un più ampio disegno – così come le menzogne raccontate più tardi per coprire le nefandezze – , che rappresenta una delle pagine più buie nella storia della Polizia di Stato.
Il tribunale del capoluogo ligure ha dato ragione a Marina Spaccini, pediatra cinquantenne di origine triestina, pacifista che per quattro anni ha lavorato in due ospedali missionari del Kenia. Alle due del pomeriggio del 20 luglio, era il 2001, venne pestata a sangue in via Assarotti. Partecipava alla manifestazione della Rete Lilliput, era tra quelli che alzava in alto le mani dipinte di bianco urlando: “Non violenza!”. Gli agenti e i loro capi avrebbero poi raccontato che stavano dando la caccia ad un gruppo di Black Block, che c’era una gran confusione e qualcuno tirava contro di loro le molotov, che non era possibile distinguere tra “buoni” e “cattivi”: bugie smascherate nel corso del processo, come sottolineato dal giudice. I cattivi c’erano per davvero, ed erano i poliziotti che a bastonate aprirono una vasta ferita sulla fronte della pediatra triestina. Dal momento che quegli agenti, come in buona parte degli episodi legati al vertice, non sono stati identificati, Angela Latella ha deciso di condannare il Ministero dell’Interno. La cifra che verrà pagata a Marina Spaccini non è certo clamorosa – cinquemila euro tra invalidità, danni morali ed esistenziali – , ma il punto è evidentemente un altro.
«Se risulta chiaramente che la Spaccini sia stata oggetto di un atto di violenza da parte di un appartenente alle forze di polizia – scrive il giudice – , non si può neppure porre in dubbio che non si sia trattato né di un’iniziativa isolata, di un qualche autonomo eccesso da parte di qualche agente, né di un fatale inconveniente durante una legittima operazione di polizia volta e riportare l’ordine pubblico gravemente messo in pericolo». Perché l’intervento della polizia non fu «legittimo», è ormai abbastanza chiaro. Lo hanno confermato i testimoni e in un certo senso gli stessi poliziotti e funzionari, con le loro contraddizioni: «Gli aggressori erano diverse decine; l’ordine era di caricarli, disperderli ed arrestarli», hanno detto, interrogati. Ma poi risulta che furono arrestati solo due ragazzi (non feriti), la cui posizione fu in seguito peraltro archiviata.
La pacifista era assistita dagli avvocati Alessandra Ballerini e Marco Vano. Il giudice ha sottolineato come fotografie e filmati portati in aula «siano stati illuminanti»: «Si vedono ammanettare persone vestite normalmente; più poliziotti colpire con i manganelli una persona a terra, inerme. La stessa Spaccini è una persona di cinquant’anni, di cui giustamente si sottolinea l’aspetto mite». E poi, le testimonianze come quella di una signora settantenne che parla di una «manifestazione assolutamente pacifica e allegra» e di aver quindi visto agenti «bastonare ferocemente persone con le mani alzate ed inermi come lei». Marina Spaccini ha accolto il giudizio con un sorriso: «Era semplicemente quello che attendevo da sei anni. Giustizia».

La fonte di questo post è un articolo tratto dal sito del “Comitato Verità e Giustizia per Genova”, il cui presidente onorario è l’europarlamentare Giulietto Chiesa. Il sito, oltre a presentare links e aggiornamenti sui processi in corso conseguenti ai terribili fatti del luglio 2001, riporta testimonianze sugli accadimenti avvenuti durante l’irruzione da parte delle forze dell’ordine alla scuola Diaz e sui successivi maltrattamenti avvenuti nella caserma Bolzaneto nei confronti di manifestanti di diverse nazionalità ed appartenenza, associazionistica cattolica e non. La proposta avanzata tempo fa da qualche parlamentare che prevede l’identificazione immediata tramite tesserino di nome e cognome degli appartenenti alle forze dell’ordine sarebbe da prendere maggiormente in considerazione. 

raccolta testimonianze 

altre testimonianze (caserma di Bolzaneto)


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